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Tribunali Emilia-Romagna > Socio lavoratore
Data: 29/04/2008
Giudice: Riverso
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: non disponibile
Parti: S. Giovanni/Globo Srl
TRIBUNALE DI RAVENNA - ESCLUSIONE SOCIO LAVORATORE - ESTINZIONE RAPPORTO DI LAVORO - NECESSITÀ ATTO FORMALE DI LICENZIAMENTO - INSUSSISTENTE - APPLICAZIONE LEGGI SUI LICENZIAMENTI - COMPETENZA GIUDICE DEL LAVORO - SUSSISTENTE.


art. 2532 e 2533 c.c.

l.604/1966 - l. 108/1990

409 c.p.c.

 

Il Tribunale di Ravenna, con la sentenza che si annota, ha affrontato l’annosa questione relativa all’esclusione del socio lavoratore dalla cooperativa e all’automatica estinzione del rapporto di lavoro, soffermandosi sulla necessità o meno di un contestuale atto formale di recesso e sull’applicazione o meno della disciplina dei licenziamenti. Affronta altresì la questione della competenza - per la fattispecie descritta  - del Giudice di lavoro.

Il ricorrente, dipendente di una società cooperativa come guardia giurata, impugnava la delibera di esclusione da socio sostenendo che la stessa configurasse un licenziamento intimato per motivi disciplinari, rilevando l’insussistenza della giusta causa o giustificato motivo del licenziamento o comunque la violazione della procedura di cui all’art.7 St. lav. essendo stato licenziato senza preventiva contestazione degli addebiti.

Si costituiva in giudizio la società convenuta richiedendo il rigetto integrale del ricorso ed eccependo altresì l’incompetenza del giudice del lavoro.

Il giudice ha richiamato innanzitutto il principio - fissato dall’art. 9, l. n. 30/2003 - secondo cui il rapporto di lavoro del socio di cooperativa si estingue ex lege, automaticamente, con il venir meno del rapporto sociale, a seguito della delibera di esclusione. Traendone come conseguenza, “non essendo richiesto un licenziamento per estinguere il rapporto di lavoro”, il venir meno della necessità per la cooperativa di intimare al socio-lavoratore un provvedimento formale di recesso in caso di delibera di esclusione, posto che “il medesimo atto produce effetti estintivi di entrambi i rapporti di lavoro (associativo e lavoristico) insiti nella complessa posizione giuridica attribuita dalla l n. .142/2001 al socio lavoratore”. Con ciò dando rilievo al “collegamento necessario” dei rapporti (associativo e lavoristico) e valorizzando il ruolo peculiare che la cooperazione a carattere di mutualità riveste nella Costituzione.

Il giudice precisa poi - incentrando l’attenzione sul rinvio operato dall’art.5, 2° comma, l. n. 142/2001 alle ipotesi di esclusione previste dall’art. 2533 c.c., il quale avrebbe comportato un vero e proprio assorbimento di disciplina - che il rapporto di lavoro del socio-lavoratore nella fase estintiva, qualora venga meno il rapporto associativo,  “è regolato non dalle norme sue proprie - né sul piano formale né sul piano della giustificazione - ma da quelle del rapporto associativo e la legittimità del recesso da quest’ultimo rapporto costituisce l’unico parametro di riferimento”. Secondo tale soluzione interpretativa dunque all’estinzione del rapporto di lavoro conseguente allo scioglimento del rapporto associativo, non si applicano le norme sui licenziamenti, né formali né sostanziali, né quelle sull’obbligo del preavviso e della relativa indennità sostitutiva, essendo sufficiente che sussistano solo le cause di esclusione di cui all’art.2533 c.c., senza che si possa invocare l’inderogabilità delle norme di lavoro dato che “l’estinzione automatica è comminata proprio dalla legge”.

Sulla scia di tale impostazione, secondo il giudice, atteso che l’art.2533 c.c. ricomprende espressamente  fra le causali dell’esclusione dal rapporto sociale tutti “i casi previsti dall’atto costitutivo”, l’autonomia negoziale ben potrebbe ulteriormente ampliare le ipotesi rilevanti ai fini dell’estinzione del rapporto associativo.

Infine il giudice con la pronuncia in commento - peraltro in sintonia con l’orientamento prevalso in giurisprudenza, in questa prima fase di applicazione del novellato art. 5 l. n. 142/2001 - riconosce la competenza funzionale del giudice del lavoro per le controversie tra socio e cooperativa, seppur investano anche il rapporto associativo, non solo perché “l’estinzione del rapporto sociale configura anche una lite lavoristica - determinando l’estinzione del connesso rapporto di lavoro - quanto perché sulla complessa fattispecie deve essere chiamato a decidere il giudice prevalente”. Si cita al riguardo anche l’orientamento espresso recentemente nella pronuncia n. 71/2008 dalla Corte Costituzionale, espressamente richiamata in motivazione, la quale però dichiara l’illegittimità delle previsioni di legge rilevanti: così delegittimando interpretazioni del disposto normativo quali quella avanzata anche dal Tribunale di Ravenna (ed infatti il Giudice sostiene la retroattività dell’efficacia della sentenza della Corte Costituzionale).

La “vittoria” del Giudice del lavoro, così sancita dalla Corte Costituzionale, rischia però di rivelarsi “di Pirro”, se la disciplina lavoristica viene contemporaneamente del tutto emarginata, in presenza appunto di risoluzione del rapporto associativo. In effetti si può convenire sulla superfluità in tale caso di uno specifico atto di recesso: ma la contemporanea piena esclusione, sul piano sostanziale, della disciplina lavoristica pare smentita ad es. dall’art. 2, 1° comma, l. n. 142/2001: qui si esclude come noto l’applicazione dell’art. 18, l. n. 300/1970, e non della l. n. 604/1966. D’altra parte, nella specifica ipotesi di risoluzione del rapporto societario, che senso ha coinvolgere il Giudice del lavoro, se poi questi è tenuto ad applicare la sole disciplina societaria?

Si tratta di elementi che possono indurre ad una interpretazione più articolata e complessa dell’impianto normativo individuato dalla l. n. 142/2001. Oppure anche a richiedere un nuovo intervento della Corte Costituzionale, questa volta finalizzato a dirimere il “conflitto” tra formulazioni degli artt. 2 e 5, l. n. 142/2001: ma prima ancora tra sistemi normativi e principi costituzionali di tutela.